Con entusiasmo il mondo della fibrosi cistica italiano ha accolto la decisione della Corte Europea di Strasburgo sul ricorso contro la legge 40, presentato dai coniugi Rosetta Costa e Walter Pava, entrambi portatori sani del gene della fibrosi cistica. La LIFC – Lega Italiana Fibrosi Cistica Onlus, che ha fra i suoi scopi istitutivi la tutela e la dignità delle persone affette da questa patologia e dei loro familiari, sostiene la coppia che si è rivolta a Strasburgo.
Tutti i cittadini devono avere le stesse possibilità di cura sia in Italia che all’estero – dichiara Silvana Mattia Colombi, Responsabile Qualità della Vita per la Lega Italiana Fibrosi Cistica che ha appoggiato e incoraggiato la causa della coppia.
La Corte Europea ha deciso di inviare al Governo Italiano la richiesta di esprimersi in merito al ricorso, considerato che in base alla sua attuale formulazione, la legge 40 viola il diritto dei due giovani coniugi a non essere discriminati rispetto ad altre coppie, diritti sanciti dagli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
In Italia – prosegue la Responsabile Qualità della Vita della LIFC – la legge 40 del 19 febbraio 2004 non consente ai portatori sani di fibrosi cistica e di tutte le altre malattie genetiche di poter accedere alle tecniche di P.M.A. (Procreazione Medicalmente Assistita), e quindi poter avere un figlio non malato di fibrosi cistica ricorrendo alla diagnosi pre-impianto.
Di contro, la legge 194 del maggio 1978 sull’aborto, consente ad una coppia di portatori sani di fibrosi cistica, che ha concepito un figlio per vie naturali, di ricorrere all’esame dei villi coriali (esame da effettuare intorno alla 10^ settimana gestazionale) e decidere di abortire se il feto risulta affetto dalla malattia genetica.
La Corte sottolinea anche come coppie nella stessa situazione possano già ricorrere alla fecondazione in vitro, ossia allo screening embrionale, in 15 Paesi europei: Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Grecia, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Russia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Regno Unito.
Questo percorso lungo e doloroso – conclude Silvana Mattia Colombi – è l’unica strada oggi possibile in Italia: spesso le giovani coppie portatrici sane di fibrosi cistica si vedono costrette, loro malgrado, ad alimentare il “turismo riproduttivo” recandosi all’estero, dove, a proprie spese, possono ricorrere al P.M.A.