La Lega Italiana Fibrosi Cistica (LIFC), organizzazione che rappresenta gli oltre 6.000 pazienti, i loro familiari ed i circa 2.400.000 portatori della patologia, accoglie con favore la sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani che boccia la legge 40/2004, laddove non consente ad una coppia portatrice sana del gene della fibrosi cistica di accedere alle tecniche di procreazione medica assistita. Secondo la Corte di Strasburgo, infatti, e come già precedentemente sottolineato dalla LIFC, tale legge è incoerente con un’altra legge italiana, la 194/1978, che consente l’aborto terapeutico nel caso in cui il feto concepito naturalmente risulti affetto dalla malattia genetica. Già nel novembre 2011 la LIFC prese posizione contro le linee guida della legge 40 in merito alla fecondazione assistita e diagnosi pre-impianto, in quanto in contraddizione con le norme sulla privacy, sulla discriminazione, con quanto avviene in numerosi altri Paesi dell’UE, ponendo l’Italia fuori dal contesto europeo e alimentando il ricorso alla fecondazione in vitro all’estero e all’aborto.
“Quest’ultima sentenza costituisce un ulteriore passo avanti poiché obbliga il Parlamento Italiano a modificare la legge 40 rendendo le tecniche di P.M.A. accessibili ai portatori fertili sani e non soltanto ai malati” – ha dichiarato Silvana Mattia Colombi, Responsabile per la Qualità della Vita per la Lega Italiana Fibrosi Cistica Onlus.
“La LIFC ritiene che l’obiettivo di una vita ‘normale’ che i malati di fibrosi cistica si stanno faticosamente conquistando sarebbe stato fortemente compromesso dall’ipocrisia di chi, tutelando a parole l’intangibilità della vita, ne sancisce invece la condanna alla sofferenza per chi deve ancora nascere” – ha dichiarato Michele Samaja, Responsabile della Ricerca Scientifica per la LIFC.
La LIFC ringrazia la Corte per aver considerato il diritto dei pazienti affetti da tutte le malattie genetiche di assicurarsi una procreazione senza sofferenze, nel pieno rispetto della libertà individuale di scelta e di cura.

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